Vademecum sulla Residenza per le Persone Senza Dimora

La Residenza e l’iscrizione anagrafica rappresentano per ogni cittadino la certificazione di “esistere”, di essere portatori di diritti soggettivi fondamentali e di avere la garanzia di poterli esercitare. Per le persone senza dimora, la residenza anagrafica rappresenta un passo ancora più importante, perché ad essa si collega la possibilità di usufruire dei servizi sanitari, socio-assistenziali e abitativi, erogati dagli enti locali.

 

LE PERSONE SENZA DIMORA

In Italia, l’Istat stima che le persone senza dimora siano 50.724, concentrate in particolare nelle grandi città. Solo i 2/3 dei senza dimora dichiara di essere iscritto all’anagrafe ed avere la residenza in un Comune italiano (Istat, 2015).

Per Senza Dimora si intendono quelle persone che vivono in povertà estrema ovvero in una condizione di disagio profondo legato prima di tutto alla mancanza di una casa come luogo intimo e di rifugio e legato all’intreccio di povertà di beni materiali per la sussistenza e fragilità personali.

Una persona è considerata senza dimora, quando versa in uno stato di povertà materiale e immateriale, che è connotato dal forte disagio abitativo, cioè dall’impossibilità e/o incapacità di provvedere autonomamente al reperimento e al mantenimento di un’abitazione in senso proprio (Istat, 2015)

Secondo la classificazione ETHOS (European Typology on Homelessness and Housing Exclusion), elaborata dall’Osservatorio Europeo sull’Homelessness, nella definizione rientrano tutte le persone che:

  • vivono in spazi pubblici (per strada, baracche, macchine abbandonate, roulotte, capannoni);
  • vivono in un dormitorio notturno e/o sono costretti a trascorrere molte ore della giornata in uno spazio pubblico (aperto);
  • vivono in ostelli per persone senza casa/sistemazioni alloggiative temporanee;
  • vivono in alloggi per interventi di supporto sociale specifici (per persone senza dimora singole, coppie e gruppi).

Ciò che connota le persone senza dimora è una situazione di disagio abitativo, più o meno grave secondo la classificazione ETHOS, che è parte determinante di una più ampia situazione di povertà estrema (1)

 

LA RESIDENZA ANAGRAFICA

Un requisito chiave che permette di esercitare una serie di diritti civili e sociali fondamentali e le prestazioni ed essi collegate. è la residenza anagrafica. Con l’iscrizione anagrafica, viene infatti garantito alla persona di ottenere la carta d’identità, il rilascio della tessera sanitaria e la scelta del medico di base, il rilascio della tessera elettorale e dunque di esercitare il diritto di voto, il permesso di soggiorno e il suo rinnovo.

Secondo il Codice Civile (art. 43), “la residenza di una persona è nel luogo in cui la stessa ha dimora abituale”, ovvero in un luogo ben determinato del Comune in cui la persona permane effettivamente, abitualmente, stabilmente e volontariamente.

L’iscrizione anagrafica è un diritto soggettivo per tutti i cittadini italiani e stranieri, comunitari e non, regolarmente soggiornanti sul territorio. Rimangono ancora escluse le persone che non hanno un titolo di soggiorno valido.

Mentre comunemente, per l’iscrizione anagrafica, si utilizza il criterio della residenza, applicabile alle persone con dimora abitale, per le persone senza dimora si utilizza il criterio del domicilio, se ne possiedono uno, oppure al Comune di nascita, nel caso non sia possibile dimostrare di avere un domicilio.

 

LE PERSONE SENZA DIMORA E LA RESIDENZA

Le persone senza dimora rappresentano un caso particolare, in quanto si considerano residenti nel territorio italiano anche se non hanno una residenza o dimora abituale in nessun Comune specifico.

Per l’attribuzione della residenza per le persone senza dimora viene utilizzato il criterio del domicilio, ovvero “il luogo ove la persona stabilisce la sede principale dei suoi affari ed interessi” (art. 43 C.C.).

L’articolo 2 della Legge 24 dicembre 1954, n. 1228, così come modificato dall’art. 3 della L. 15 luglio 2009, n. 94, stabilisce infatti che “la persona che non ha fissa dimora si considera residente nel Comune dove ha stabilito il proprio domicilio. La persona stessa, al momento della richiesta di iscrizione, è tenuta a fornire all’ufficio anagrafe gli elementi necessari allo svolgimento degli accertamenti atti a stabilire l’effettiva sussistenza del domicilio. In mancanza del domicilio, si considera residente nel Comune di nascita”.

Come chiarisce la Circolare Istat n. 29/1992, nelle “Note Illustrative”, il riferimento al domicilio, ovvero il centro degli interessi della persona, è essenziale, sia perché è l’unico elemento che lega la persona senza dimora ad un determinato Comune, sia perché “è legittimo interesse della persona l’iscrizione all’anagrafe del Comune dove egli più frequentemente fa capo, ovvero ha parenti o un centro di affari o un rappresentante o addirittura il solo recapito e che per lui sia più facilmente raggiungibile per ottenere le certificazioni anagrafiche necessarie”. Inoltre, la persona rimane sempre libera di scegliere il luogo per l’iscrizione anagrafica.

Per dimostrare l’effettività del domicilio ed ottenere la residenza e l’iscrizione anagrafica, la persona senza dimora dovrà fornire specifica documentazione all’ufficiale d’anagrafe, incaricato di accertare la validità del domicilio. La documentazione può essere costituita da prove documentali e dichiarazioni di parte. L’ufficiale dell’anagrafe non accerterà quindi che esista un luogo fisico in cui la persona senza dimora abbia stabilito il proprio domicilio, bensì che il domicilio indicato sia il centro degli interessi della persona.

Solo in casi eccezionali e residuali, qualora non fosse possibile stabilire il domicilio, ovvero non sia in grado di fornire gli elementi necessari a dimostrazione dell’effettiva sussistenza del domicilio, la persona senza dimora ottiene l’iscrizione anagrafica nel Comune di nascita (art. 2 della Legge 24 dicembre 1954, n. 1228).

 

LA VIA FITTIZIA

Come abbiamo visto, una persona senza dimora può eleggere a suo domicilio non necessariamente un luogo fisico, l’importante è che scelga il Comune presso cui stabilisce i suoi interessi.

In questo caso, la persona viene iscritta in una via fittizia, territorialmente non esistente ma equivalente in valore giuridico. Una Via Fittizia è infatti una via dove non vive nessuno e che in realtà non esiste, ma che viene istituita proprio per dare la possibilità anche alle persone senza dimora di ottenere la residenza e i diritti ad essa connessi.

L’istituzione di una via fittizia può essere infatti un primo strumento con il quale dare riconoscimento alle persone e al loro diritto di ricevere la posta o gli atti ufficiali, agevolare l’identificazione della persona e della sua storia sociale.

La Circolare Istat n. 29/1992, nelle “Note Illustrative”, chiarisce che in anagrafe deve essere istituita una via, territorialmente non esistente – da qui “fittizia” – ma conosciuta con un nome convenzionale, dato dall’Ufficiale di anagrafe, presso cui possono essere iscritte le persone senza dimora, che eleggono il domicilio nel Comune al solo fine dell’iscrizione anagrafica”.

Ogni limitazione nell’accesso a tali diritti e prestazioni nei confronti di coloro che sono iscritti in una “via virtuale” è da ritenersi illegittima. Inoltre, ogni prassi discrezionale, quale la titolarità di un rapporto di lavoro, la disponibilità di una abitazione, i legami familiari, imposte da alcune amministrazioni per ottenere la residenza, è di fatto arbitraria e viola la legislazione nazionale.

Ogni limitazione nell’accesso a diritti e prestazioni nei confronti di coloro che sono iscritti in una “via virtuale” è da ritenersi illegittima. Inoltre, ogni prassi discrezionale, quale la titolarità di un rapporto di lavoro, la disponibilità di un’abitazione, i legami familiari, imposte da alcune amministrazioni per ottenere la residenza, è di fatto arbitraria e viola la legislazione nazionale.

 

COME SI DELIBERA UNA VIA FITTIZIA

L’iscrizione anagrafica è un diritto soggettivo che deve essere riconosciuto e garantito dal Sindaco, o suo delegato, in qualità di ufficiale di Governo. Pertanto, la via fittizia deve essere istituita con atto della Giunta comunale, che ne stabilirà anche la denominazione. Qualora invece la denominazione fosse di pura fantasia, senza riferimento a eventi realmente accaduti o persone decedute, può essere stabilita anche dall’ufficiale dell’anagrafe.

In allegato, riportiamo un esempio di Delibera di Via fittizia.

 

(1) Sono escluse tutte le persone che vivono in condizione di sovraffollamento; ricevono ospitalità garantita da parenti o amici; vivono in alloggi occupati o in campi strutturati presenti nelle città.