Emozioni ed esperienze di operatori e utenti senza dimora ai tempi del covid* – Storie di vite (2)

Piero

Ho pianto vedendo il vuoto delle strade normalmente affollate, la solitudine a casa mi ha portato a video-chiamare i miei figli. Chiamare le persone che volevi bene, questo ha riempito il vuoto. La prima cosa che ho fatto è scendere a prendere un caffè, da fuori al negozio ho preferito prendere il caffè al bar. Non ho mai gustato un caffè così buono. Sapeva di normalità

Antonio

Uscivamo la mattina e non sapevamo dove andare, per evitare di incontrare la polizia, vagavamo per la strada in metro. Ci sentivamo braccati, evitavamo di fermarci perché altrimenti ci davano dell’appestati. Vedere il panorama di una città vuota, senza auto e né persone, solo gabbiani. Era una città surreale sembrava un The day after. Tanta tristezza per tornare alla normalità mi sono inventato di tutto. Vedere i bambini ritornare per strada questo mi ha ridato speranza

Marco

Quando eravamo chiusi mi hanno attraversato due sentimenti: la paura e la rabbia. La rabbia perché ho pensato ad eventuali responsabili (chi ha creato tutto questo?) e la paura perché pensavo che luomo ha distrutto la natura per interessi economici. Ho avuto la sensazione di essere in prigione, agli arresti domiciliari: la mattina mi svegliavo e pensavo di aver sognato, ma era la realtà. Bisognerebbe fare tesoro del dramma. Mi è mancato il contatto con le persone, posso anche discutere con le persone ma non rinunciare ad esse. Rincontrare le persone che vedevo in chat, ho riscoperto il valore della libertà, questo mi ha ridato speranza

Anna

Con mia madre in fin di vita ho visto la mancanza di rispetto, non mi ha fatto piacere sentire quelle canzoni sui balconi mentre mia madre non stava bene E stata una mancanza di solidarietà. Pensavo alle persone che stavano morendo negli ospedali. Tenere i bambini in casa non avendo consapevolezza e rinchiusi per me era una sofferenza. Tornare per strada, riprendere le mie abitudini, questo mi ha dato speranza

Franco

Quella della pandemia è stata la distruzione di un sogno. Sono stato tre mesi senza scrivere, stavo male ma soprattutto pensavo a chi soffriva, pensavo ai miei sogni infranti. Pensavo ai più deboli, ai piccoli, alle persone fragili, ai miei figli. Mi sono spaventato di non vedere più la luce, di non vedere più le persone, mi ha assalito l’ansia, un amico mi ha chiamato. La voce di mia madre, di un amico mi hanno aiutato a superare, a scrivere, andare oltre quel momento, in parte ci ho provato.

Lucio

Ho vissuto la bruttura della vita prima della pandemia: mi sentivo come al collegio. Tutto questo mi ha lasciato indifferente. Da piccolo chiuso in un collegio, da grande in un dormitorio. La mia vita è stata una pandemia. La speranza? Uscire da casa.

Giuseppe

Non ho sofferto di claustrofobia, avevo abbastanza movimento e stando a casa non mi sentivo legato. Quello che però mi ha dato tristezza è non aver trovato nessuno per strada. La solitudine! Ritrovare gli amici questa è la speranaha

 

*grazie alla Fondazione Massimo Leone di Napoli