Torino, una rete di piccole case per convincere i clochard a lasciare i portici

di Jacopo Ricca, Repubblica Torino

Appartamenti da condividere, ma anche piccoli spazi dove dormire senza essere costretti alle grandi camerate dei dormitori tradizionali. Il nuovo modello d’accoglienza per i senzatetto cui il prefetto di Torino Claudio Palomba vuole dare nuovo impulso, in parte, in città c’è già. Ma servono più soldi per mettere a sistema i principi dell’housing first che anche la Fio.Psd, la Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora non per nulla guidata dalla torinese Cristina Avonto, sostiene. Da 4 anni la Caritas e la diocesi di Torino hanno messo a disposizione sette luoghi di loro proprietà dove far dormire un numero massimo di 20 persone per ciascuna. A queste si aggiungono gli spazi delle parrocchie e delle case. Ora si tratta di avviare una sperimentazione globale che metta insieme anche le esperienze avviate da una storica associazione torinese Bartolomeo & C. per portare a vivere in un appartamento condiviso i senzatetto.
Anche nell’emergenza però ci possono essere alternative al dormitorio, che tanti clochard rifiutano quando i volontari o gli operatori sociali del Comune glielo propongono: ” Le persone con anni di vita in strada o a serio rischio di perdere casa, ricevono dai servizi sociali l’opportunità di entrare in un appartamento autonomo ” senza passare dal dormitorio”, godendo dell’accompagnamento di una équipe di operatori sociali direttamente in casa” è la spiegazione della Federazione che ha contribuito, proprio a Torino nel 2014, a creare il Network Housing First Italia.
L’arcivescovo Cesare Nosiglia, che anche nei locali della diocesi ha spesso ospitato i poveri, è convinto che serva una svolta e per questo non solo parteciperà martedì al tavolo convocato da Palomba, ma il giorno successivo riunirà attorno a un tavolo tutte le realtà ecclesiali che già lavorano con i senzatetto per cercare di identificare le azioni da mettere in campo, o che già sono state adottate ma vanno messe a sistema.
Del tema se n’era già parlato prima che scoppiasse la pandemia con la ministra per le Pari Opportunità, Elena Bonetti. E proprio Palomba aveva cercato di spingere verso l’apertura di appartamenti della diocesi e della Città anche durante l’emergenza Covid- 19. Su questo passaggio però la giunta Appendino aveva frenato, preferendo lasciare aperto il polo dell’emergenza freddo dove non tutti vogliono andare. ” Da tempo stiamo lavorando, con diocesi ma non solo, per avere spazi il più possibile di dimensioni limitate. E ce ne sono già molti. Torino aumenta ogni anno i posti di housing first – racconta la vicesindaca di Torino, Sonia Schellino – Col piano di inclusione sociale abbiamo creato quasi 400 posti di accoglienza temporanea per famiglie e anche per singoli, anche in piccole coabitazioni. Se vogliamo, come vogliamo, continuare su questa strada, per aumentare i posti servono dei finanziamenti e per questo sindaca e prefetto avevano aperto un canale con la ministra”.

L’idea di fondo è avviare a Torino una sperimentazione di sistema che tenga conto delle specificità della città, ma dando vita a un modello che potrà essere replicato anche nel resto d’Italia. Il nodo però restano i fondi. Il prefetto Palomba punta ad avere una proposta strutturata da presentare al futuro ministro del governo Draghi. E la giunta Appendino i conti li aveva già fatti un anno fa: “Molto però dipende dalle scelte che si fanno e dai cofinanziamenti – aggiunge Schellino – Credo se ne parlerà col nuovo ministro”.

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