Missione 6 del PNRR

Le prospettive per le persone senza dimora nella riforma dell’assistenza territoriale

La Missione 6 “Salute” del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) prevede alcune importanti opportunità di intervento sul tema della homelessness. La Componente 1 “Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale”, a cui sono stati destinati 3,2 miliardi di euro già ripartiti tra le Regioni, mira a creare e potenziare i presidi territoriali e a rafforzare l’assistenza domiciliare, e pone l’attenzione sull’accesso alle cure da parte di soggetti fragili e sulla promozione di una più efficace integrazione socio-sanitaria

Il punto di riferimento per capire come si articolerà la riforma organizzativa della rete di assistenza sanitaria territoriale prevista dalla Missione 6 è il DM71, attualmente in fase di discussione con le Regioni, che fissa gli ambiti di applicazione e gli standard per il riordino delle cure sul territorio. L’attuazione degli interventi è affidata alle Regioni, che entro 6 mesi dall’entrata in vigore del decreto dovranno adottare il piano di programmazione dell’Assistenza territoriale

Di seguito si richiamano le principali innovazioni previste del decreto, e coerenti con gli investimenti della prima componente della Missione 6, di rilevanza anche per l’accesso alle cure e la presa in carico di persone senza dimora

Principali innovazioni previste del decreto

  • Case della Comunità. Sono concepite come strutture sanitarie di prossimità che promuovono un modello organizzativo integrato e multidisciplinare per la presa in carico, la valutazione dei bisogni e l’attivazione di percorsi di cura. La multidisciplinarità è garantita dalla presenza di una equipe composta da personale sanitario, specialisti e assistenti sociali. Rispetto alle prime bozze del decreto, in cui la presenza degli assistenti sociali era solo raccomandata, l’obbligatoria integrazione con i Servizi Sociali merita grande attenzione poiché permetterebbe di costruire percorsi di cura e assistenza integrata, particolarmente rilevanti per categorie di persone multiproblematiche come i senza dimora. Entro la metà del 2026, si prevede l’attivazione di 1350 Case della Comunità, sia creando nuove strutture che potenziando quelle esistenti
  • Ospedali di Comunità: Sono strutture sanitarie per il ricovero breve che svolgono una funzione intermedia tra il domicilio e il ricovero ospedaliero. Gli Ospedali di Comunità sono finalizzati ad evitare accessi impropri ai servizi sanitari, come ad esempio al pronto soccorso, e fornire continuità assistenziale a seguito di dimissione ospedaliere. Si prevede che ogni struttura abbia 15-20 posti letto e che possa accogliere ricoveri per una durata non superiore a 30 giorni. Considerando che la fase post-acuzie e di dimissione da strutture sanitarie è particolarmente critica per le persone senza dimora, la funzione degli Ospedali di Comunità appare adeguate a supportare questi bisogni, in quanto le strutture si rivolgono a pazienti per i quali il ricovero ospedaliero non è o non è più appropriato, ma che necessitano di assistenza o sorveglianza continuativa “non erogabile a domicilio o in mancanza di un domicilio idoneo”. Il tipo di supporto previsto è prevalentemente di tipo infermieristico ma anche di affiancamento, consapevolizzazione ed educazione del paziente per incrementare la capacità di auto-cura. Si prevede si finanziare 400 Ospedali di Comunità entro la metà del 2026
  • Centrali Operative Territoriali (COT): sono strutture con una funzione di coordinamento tra i servizi per presa in carico integrata della persona. La funzione di queste strutture appare particolarmente rilevante per l’integrazione socio-sanitaria, dovendo assicurare la continuità e la transizione nelle diverse fasi del percorso assistenziale a tra i diversi servizi. Entro il primo semestre 2024 si prevede la costituzione di 600 COT.
  • Unita di Continuità Assistenziale (UCA): è un’equipe mobile distrettuale, funzionalmente collegata alla Casa della Comunità, finalizzata a supportare la presa in carico di individui con condizione cliniche complesse e che comportano una comprovata difficoltà operativa. L’equipe UCA, composta da almeno un medico e un infermiere eventualmente integrati da altre figure sanitarie, può attivarsi in casi di dimissioni complesse in cui i pazienti non sono ricoverabili negli Ospedali di Comunità o presso il proprio domicilio, per programmi di prevenzione territoriale o di prevenzione mirata ad es. nelle comunità difficili da raggiungere. Data la funzione di prossimità e di supporto a situazioni di presa in carico complesse, l’UCA sembra rappresentare un’opportunità di supporto rilevante anche per le persone senza dimora

Le reti e le organizzazioni si stanno confrontando sui nodi e le opportunità che la Missione 6 pone. L’ultima versione del DM71 presenta degli elementi apprezzabili, come la previsione dell’obbligatoria integrazione con i Servizi Sociali nelle Case della Comunità. D’altra parte rispetto alle precedenti bozze è scomparso uno specifico riferimento ai Servizi per la salute mentale e le dipendenze. Per le persone senza dimora le problematiche di salute mentale e dipendenza sono molto diffuse e pertanto la previsione di forme di coordinamento più strutturate con questi servizi favorirebbe percorsi di presa in carico più efficaci

Un elemento importante, richiamato anche dalle Linee di indirizzo per il contrasto alla grave emarginazione adulta, riguarda i determinanti di salute. Nei percorsi assistenziali se è cruciale una più intensa integrazione socio-sanitaria, questi percorsi non possono prescindere da altri fattori che concorrono ai livelli di salute e all’insorgenza stessa di patologie, quali le condizioni abitative, l’educazione e il lavoro nonché la componente relazione e psicologica

Un altro tema rilevante è il coinvolgimento attivo della comunità nella definizione dei servizi. Comunità intesa sia come cittadini, che non devono essere semplici consumatori di un servizio ma protagonisti del proprio percorso e che pertanto vanno coinvolti nella progettazione dei percorsi di salute, sia come risorse territoriali, dagli enti locali alle RSA, dalle associazioni e gli enti del privato sociale portatrici di buone pratiche. Alla luce della loro funzione di coordinamento, le Centrali Operative Territoriali potrebbero avere un ruolo centrale nella mappatura e messa in rete delle risorse del territorio

Per quanto riguarda il dialogo tra la Missione 5 (M5C2.1 “Servizi sociali, disabilità e marginalità sociale”) e la Missione 6 (M6C1 “Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza territoriale”), che rimandano a strutture di governance differenti, a livello locale bisognerà porre attenzione su come promuovere il coordinamento auspicato dal PNRR e in particolare tra i Centri Servizi/Stazioni di posta e le Case delle Comunità

Per assicurare l’effettiva multidisciplinarietà dei percorsi di presa in carico, le Case della Comunità non devono essere concepite come semplici poliambulatori o contenitori di professionalità e competenze differenti, ma si dovrebbe investire sulla formazione e integrazione delle conoscenze uscendo da una logica autoreferenziale, che talvolta caratterizza anche i percorsi educativi delle professioni sanitarie e sociali. Per far questo gli operatori sanitari e socio-sanitari devono essere supportati ad assumere la visione integrata auspicata nella riforma dell’assistenza territoriale. In particolare, per il lavoro con le persone senza dimora è importante che il personale sociale e sanitario abbia gli strumenti, intesi come competenze e mentalità, per riconoscere la complessità delle problematiche delle persone homeless (cfr. Linee di indirizzo per il contrasto alla grave emarginazione adulta)

Infine, garantire l’accesso alle cure, per le persone senza dimora, vuol dire interrogarsi su come raggiungere in maniere efficace questa fascia di popolazione, la quale spesso ha difficoltà a recersi presso i luoghi di cura e di assistenza. In quest’ottica, nel nuovo sistema pensato dal PNRR si potrebbe valorizzare il ruolo di collettore degli operatori di prossimità e delle unità di strada, che orientando e interloquendo con i diversi servizi favoriscono l’avvio di percorsi assistenziale