ALLARME PER I SENZA DIMORA, OGGI ANCORA PIÙ VULNERABILI

La Federazione italiana delle organizzazioni che si occupano di chi vive per strada denuncia la mancanza di una adeguata tutela per gli operatori e per le persone in difficoltà. Un problema per i singoli e per la salute dell’intera collettività

Annachiara Valle

Cala il numero dei contagi, ma non tra i senza dimora. L’allarme viene lanciato dalla fio.Psd, Federazionei taliana organismi per le persone senza dimora che chiede a istituzioni nazionali e locali di «rafforzare le misure di tutela sanitaria» per queste persone e di «garantire adeguati sistemi di sorveglianza sanitaria agli operatori sociali coinvolti nell’erogazione di servizi e di attività straordinarie, richieste per l’emergenza Covid-19».

Mancano indicazioni omogenee per gestire il rischio contagio, denuncia la fio.Psd e, cosa ancora più grave, per il trattamento delle persone senza dimora positive. «Fino ad ora molte organizzazioni di terzo settore e i loro operatori in prima linea h24 nei servizi hanno adottato misure straordinarie per affrontare quella che fin dall’inizio abbiamo definito come “un’emergenza nell’emergenza”: oltre 55mila persone senza dimora per le quali “stare a casa” non è opzione plausibile, persone con problemi di salute e disturbi mentali, fragilità relazionali, barriere linguistiche e condizioni di vita assai precarie che richiedono un approccio di intervento complesso e coordinato tra le diverse realtà territoriali», spiega la presidente Cristina Avonto.

«Oggi più che mai», insiste la federazione, «di fronte ai crescenti casi di contagi multipli all’interno dei servizi rivolti alla grave marginalità, riteniamo che sia indispensabile chiedere procedure d’intervento in carico alle autorità sanitarie, di concerto con le protezioni civili, gli enti locali  e gli enti gestori dei servizi, al fine di affrontare prontamente la diffusione del virus Covid 19 sia all’interno delle strutture di accoglienza sia in strada». Il rischio di aumento di contagi tra i senza dimora e tra le persone più vulnerabili «è una questione di salute pubblica, urgente e indifferibile. Garantire la salute delle persone senza dimora vuol dire garantire salute alla comunità tutta», dicono a gran voce.

Per questo propongono, su tutto il territorio nazionale, che siano distribuiti disposizitivi di protezione individuale (mascherine, tute, guanti, igienizzanti) agli operatori sociali che operano nei servizi (mense, dormitori, centri diurni, unità di strada, housing), che i medesimi dispositivi siano garantiti alle persone senza dimora accolte e in strada; «che siano incentivate, le soluzioni alloggiative emergenziali, da enti pubblici territoriali o da enti del terzo settore (anche facendo ricorso ad alberghi su disposizione di Sindaci e Prefetti) dove poter accogliere: persone senza dimora che devono rimanere in quarantena, persone positive non sintomatiche o in via di negativizzazione oppure coloro che sono stati in contatto stretto con persone positive al virus. Le eventuali cure presso i luoghi di isolamento, disposte dai protocolli sanitari».

E ancora chiedono che si possa «intervenire tempestivamente con azioni di screening e somministrazione di tamponi per confermare la presenza della malattia alle persone e ai contatti prossimi, compresi gli operatori delle strutture, adottando in caso di positività, le necessarie misure di isolamento e cura».

Si tratta, ricorda la federazione, di una fascia di popolazione emarginata «gravemente vulnerabile dal punto di vista sanitario, anche in condizioni normali». Per loro è stato necessario aumentare l’operatività dei servizi, spesso su richiesta delle stesse autorità locali. «Un dormitorio, ad esempio, normalmente opera dalle 20:00 alle 8:00 del giorno successivo. Per contenere la mobilità e il rischio per gli ospiti si è passati ad un’apertura 24 ore su 24. Così per molti altri servizi: mense, servizi diurni, ambulatori sanitari».

Un’estensione del servizio particolarmente complessa in questi giorni in cui scarseggiano i volontari che normalmente sono impegnati in queste attività e ai quali non si può chiedere di continuare a prestare il loro servizio gratuito tanto più in assenza di dispositivi di protezione individuale.

La situazione peggiora di giorno in giorno e, spiega la federazione, «senza un supporto idoneo diventerà difficile rispondere alle necessarie misure di tutela della salute di queste persone e, di conseguenza, dell’intera collettività».