C. – Storie di vite (13)

Quando nel dolore si hanno compagni che lo condividono, l’animo può superare molte sofferenze” asseriva William Shakespeare, eppure non era d’accordo la giovane, oggi ventenne, arrabbiata con i suoi coetanei che vivevano di “tenerezza”, “spensieratezza” e non avevano mai vissuto nessuno dei dolori lancinanti che la tormentavano

Da bambina è stata portata via, assieme ai fratellini, dalla casa in cui viveva con una mamma, ha vissuto in orfanotrofio per 6 anni, “il periodo più bello della sua vita”, come lo ha definito, grazie ad educatrici che finalmente si sono prese cura di lei e hanno realizzato il desiderio di “fare l’attrice” all’interno di un laboratorio scolastico

A 10 anni è arrivata la svolta

E’ stata adottata da una coppia, ma pochi anni più tardi, purtroppo, è stata costretta a denunciare il padre adottivo per violenza sessuale e, come nel peggiore degli incubi, è tornata in una comunità per minori dove è stata accolta sino al compimento dei 18 anni, l’attimo in cui, purtroppo, NON HA SCELTO ma è diventata una giovane homeless

È giunta così in uno dei servizi gestiti dal Centro Diaconale la Noce Istituto Valdese (Palermo), si è guardata attorno, ha incrociato lo sguardo degli altri homeless ed è esplosa la rabbia

Il lavoro di un’equipe multidisciplinare attenta al suo vissuto e ai suoi traumi l’ha aiutata a scostare lentamente la paura per dar più spazio alla speranza. Gli educatori hanno ascoltato con massima attenzione la sua storia, attivando un’ospitalità rivoluzionaria che ruota attorno ai cardini della presa in carico e del potenziamento delle capacità delle persone, per arrivare a consentire alle stesse di superare le loro difficoltà e la loro indigenza

Quante notti trascorse insieme a lei ripercorrendo quel passato così doloroso: l’assenza dei genitori, la scomparsa della nonna a cui era tanto legata, la violenza subita, il processo, i tentativi di uscire dalla miseria e poi ancora cadute e ricadute

Ma la speranza è la forza di un giovane homeless che si contraddistingue da un homeless cronicizzato che ha smesso di credere in un futuro diverso

In lei si è fortificata sempre più la consapevolezza che avrebbe potuto farcela ma occorreva un supporto su più fronti

Il percorso che l’ha portata a centrare l’obiettivo dell’autonomia abitativa è stato complesso e articolato

Le gravi situazioni di disagio, l’esperienza e il contesto di vita, la condizione di marginalità hanno chiamato in causa la presenza contemporanea di bisogni e problemi molteplici, che hanno investito l’intera sfera dell’utente e la relazione familiare e sociale.

A fronte di tale complessità, l’equipe ha adottato un approccio strategico per sviluppare interventi organici e strutturati in grado di programmare e assicurare prestazioni appropriate. Sono state attivate azioni progettuali monitorandone l’evoluzione e misurando i risultati, traendo deduzioni. E’ stata affrontata ogni situazione di disagio con gli strumenti più opportuni per risolverla in maniera stabile e duratura.

Per lei e per tutte le persone senza dimora, anche se formalmente titolari di diritti, si sono presentate alcune barriere specifiche, legate alla condizione abitativa e di emarginazione, che le hanno impedito l’accesso ai diritti fondamentali garantiti a ogni altro cittadino. In primis C. si è dovuta scontrare con il problema legato alla residenza persa, gravissimo, considerato che l’iscrizione anagrafica in un Comune italiano, è porta di accesso imprescindibile per poter accedere ad ogni altro diritto, servizio e prestazione pubblica sul territorio nazionale. Tale precondizione, a lungo negata in moltissimi comuni italiani alle persone senza dimora, è oggi pienamente esigibile a Palermo. Il suo nome non esiste sulla mappa della città, anche se lì risiedono centinaia di persone, è la via Ciro Lupo: una residenza virtuale per chi una casa non ce l’ha

Prima azione dell’equipe è stata quindi avviare l’iter con i servizi comunali per ottenere la residenza, quindi l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale e la scelta del medico di base che ha permesso finalmente alla ragazza di seguire i percorsi di cura necessari per la sua malattia, e ancora la partecipazione ai bandi, l’accesso all’assistenza sociale o, più semplicemente, l’ottenimento di carta di identità, codice fiscale, iscrizione scolastica e RdC

Per uscire dalla settorializzazione delle politiche e dalla frammentarietà degli interventi, per una più ampia strategia di contrasto alla grave emarginazione e, più in generale, alla povertà che integri in rete le diverse competenze, sia a livello nazionale che a livello locale, gli operatori non si sono limitati a soddisfare i bisogni primari, bensì hanno fornito  assistenza psicologica, servizi informativi e di orientamento, espletamento pratiche, accompagnamento ai servizi del territorio, progettazione personalizzata, sostegno educativo/scolastico e assistenza legale

È questo l’orientamento strategico promosso dall’equipe, il principio di inclusione attiva che ha permesso di vincere la sfida con la giovane

L’uscita dalla condizione di senza dimora: la speranza e i risultati

Non è stato facile fidarsi, perché mai qualcuno adesso aveva così tanta voglia di aiutarla e ancor di più credeva in lei? Lei che aveva vissuto più fallimenti: quello familiare, l’esperienza dell’adozione, della comunità per minori, l’abbandono degli studi, non lo riteneva possibile.

La chiave vincente è stata proprio ripartire trasformando un fallimento in successo: C. accompagnata dall’equipe si è diplomata sostenendo un esame brillante; oggi vive in un appartamento e si mantiene lavorando in un ristorante

La sua prima casa a 19 anni le ha dato un forte senso di protezione e di sicurezza, è il posto in cui finalmente è libera di essere se stessa, di condividere spazi, esperienze ed emozioni, e da lì nessuno potrà più portarla via

A settembre intraprenderà la carriera universitaria, un po’ di rabbia c’è ancora, anche la paura fa capolino in certe giornate, ma la speranza ha preso il sopravvento

La durata media della condizione di homelessness dei giovani è mediamente un anno e mezzo (ancora troppa), è necessario pertanto rendere più efficaci i percorsi di accompagnamento in uscita e per raggiungere tale obiettivo sono necessarie risposte coordinate in tutti i settori