La Federazione partecipa e sostiene la campagna promossa dai Soci di Roma

La campagna vaccinale procede e tutti ci siamo messi idealmente in fila, aspettando il nostro turno. Insieme a noi, però, ci sono tante persone fragili, che aspettano senza essere sicure di riuscire ad ottenere un risultato concreto. Si tratta di chi è senza dimora, di chi ha solo una residenza fittizia, di chi non ha una tessera sanitaria, di chi è straniero in attesa di regolarizzare la sua posizione, di chi non sa o non è capace di prenotarsi on line, di chi è talmente fragile da avere perso tutti i legami formali con il sistema sanitario, tanto da non comparire nelle liste di chi avrà, quando sarà il suo turno, diritto ad essere vaccinato

Il diritto a mettersi in fila

Tante di queste persone vivono o trascorrono il loro tempo in centri di accoglienza o in case famiglia e si rivolgono ai servizi di bassa soglia, supportati da operatori e volontari che ancora, nonostante molte petizioni e richieste formali, non sono stati equiparati agli operatori socio-sanitari di ospedali ed RSA, vaccinati – giustamente – tra i primi. Tuttavia sono obbligati a sottoporsi regolarmente al tampone, perché sono a rischio. Anche i nostri operatori aspettano il loro turno, ma è probabile che non si possano vaccinare prima di molti mesi, nonostante il livello di rischio del loro lavoro, perché sono in gran parte giovani.

Qualcuno ha detto – mostrando di ignorare ancora, come si fa dall’inizio della pandemia, l’universo della fragilità sociale – che uno psicologo di 35 anni non può passare davanti nella vaccinazione ad un ottantenne, che rischia di più di non uscirne vivo. Ma se lo psicologo è ogni giorno a contatto con trenta persone senza dimora in un centro di accoglienza, con fragilità sanitarie importanti come ad esempio HIV, diabete, cardiopatie, impossibili da isolare in caso di contagio, vaccinarlo non significherebbe rubare la dose all’ottantenne, ma prevenire che quel centro si trasformi in un cluster e quindi salvaguardare le stesse persone fragili che vi risiedono e gli altri ottantenni del quartiere e della città.

#aspettoilmioturno è il contrario di #saltolafila.

Ma è un dovere di tutti noi assicurarci che le persone che vivono ai margini della società possano almeno prendere il numero e mettersi in fila, come tutti gli altri, verso una vita più serena. Loro e coloro che li assistono.