Anita – Storie di vite (3)

Quando ho conosciuto Anita la sua immagine, per un certo tempo, mi è apparsa come sfocata, frammentata nei diversi tratti del suo carattere.*

Vedevo una Anita euforica e colma di gratitudine; altre volte invece la sentivo fragile, in preda all’ansia e impigliata nelle preoccupazioni; la scorgevo scagliare schegge di rabbia contro situazioni contingenti con la veemenza di un rancore antico. Tutto questo, a volte, in un arco temporale assai breve.

Provata da una vita difficile Anita si è trovata, a seguito della fine di una relazione, a doversi rivolgere ai servizi e chiedere ospitalità in dormitorio.

L’abbiamo incontrata quando era ospite presso un servizio di un ente religioso, un’accoglienza che condivideva con altre sei donne. La convivenza era difficile, i conflitti tra le inquiline all’ordine del giorno e Anita ne era spesso coinvolta in prima persona. Alla proposta di entrare nel progetto HF rispose con entusiasmo.

Nello stesso periodo stava inoltre avviando un percorso di tirocinio come cuoca presso la mensa di un dormitorio e svolgeva questo compito con impegno e soddisfazione, il che si rifletteva anche nelle buone relazioni con i colleghi.

Fin da subito attiva nella ricerca dell’appartamento, ebbe un momento di frustrazione e sconforto che espresse con rabbia quando le sembrò che i tempi si allungassero rispetto alle sue aspettative. L’individuazione dell’abitazione e la stipula del contratto ebbero però l’effetto della folata di vento che spazzò via le nubi e lasciò spazio solo ad una gioia incontenibile, quasi l’incredula gratitudine di una bambina di fronte ad un dono.

In realtà la partecipazione di Anita sia all’allestimento della casa che alle spese è sempre stato affrontata con grande responsabilità e orgoglio. Nonostante i repentini sbalzi di umore, che ormai iniziavo a conoscere, Anita era felice e aveva fretta di dormire finalmente a casa sua. Non appena arrivò il materasso ebbe inizio la sua nuova vita.

Come talvolta accade in questi momenti di passaggio, l’ambita solitudine mostrava ora anche il suo volto più scuro. Le notti, nella sua nuova casa, le portavano alternativamente pace e insonnia, gli sbalzi di umore si intensificavano, facevano capolino l’ansia per il lavoro e la paura di non riuscire a mantenere quanto appena ottenuto.

Ma Anita è una donna che non si abbatte. Sa vedere e aggrapparsi a quello che ha di buono per risollevarsi e andare avanti. Non racconta molto del suo passato, ma si intuisce che abbia pagato cara una certa ingenuità di carattere, in particolar modo con gli uomini. Non ha perso quel sorriso ingenuo, ma si è combinato con una durezza e un cinismo che a volte affiora. Io e Anita ci diamo del Lei. È una consuetudine ereditata da un collega che si è mantenuta nel tempo e che si accompagna, da parte sua, all’utilizzo di un linguaggio sempre molto appropriato ed educato. Accade invece, seppur raramente, che, in momenti di rabbia, attinga ad un repertorio verbale ben più colorito del suo solito. In questi frangenti io la trovo vitale e autentica, anche divertente in alcuni casi, e non le ho mai passato il messaggio che fossero espressioni inadeguate. Lei invece se ne scusa immediatamente, con un cenno di vergogna, come se – forse – fossero rigurgiti di un modo di stare al mondo che suo malgrado ha frequentato, ma che vorrebbe dimenticare.

Con i suoi alti e bassi, momenti di euforia, di rabbia e di sconforto Anita va avanti senza sosta, con tenacia e pazienza. Il tirocinio diventa un contratto di lavoro, precario, che si rinnova mese dopo mese fino a chiudersi a ridosso della pandemia. Nel frattempo si iscrive a un corso online e si qualifica come OSS. Si impegna nella ricerca di lavoro e nella gestione delle pratiche di Naspi e di Reddito di Cittadinanza, chiedendo supporto quando le serve. Ottiene il suo primo impiego come OSS, una breve sostituzione. Riprende a inviare curriculum e a cercare occasioni lavorative attraverso la sua rete sociale.

I figli sono presenti nella sua vita e con loro la relazione è anche di reciproco sostegno.
Man mano che passa il tempo l’immagine di questa donna perde ai miei occhi quell’aspetto frammentato per assumere i tratti di un mosaico le cui tessere – forza, fragilità, euforia, preoccupazione, rabbia, soddisfazione – sono impegnate con dedizione a ricomporsi in disegni nuovi.

 

*racconto di un operatore di Progetto Tenda, Torino