Dal 1 gennaio 2018 inizia l’anno del REI (Reddito di inclusione sociale)

Sebbene il decreto 147/2017 enunci, anche per la grave marginalità, una garanzia al diritto e un possibile accesso alla misura, l’art. 3 pone, di fatto, criteri di accesso stringenti (residenza, prova dei mezzi economici, condizione occupazionali etc) che perpetuano un meccanismo discrezionale, selettivo e categoriale
Il riconoscimento effettivo e il beneficio alla misura rimangono quindi una grande sfida per le persone senza dimora per diversi ordini di ragioni che abbiamo già avuto modo di approfondire con un position paper depositato in Commissione Povertà al Senato nel 2016
Lo scenario che si presenta oggi è leggermente cambiato (grazie anche ai preziosi lavori portati avanti con Alleanza contro la povertà) ed è fatto di opportunità e limiti. Certamente il REI ha il merito di portare con sé un riordino delle prestazioni essenziali ivi inclusi il pronto intervento sociale e i servizi destinati esplicitamente alle persone senza dimora per le quali l’articolo 7 comma 9 prevede circa 20 milioni di euro a valere sul Fondo Povertà a decorrere dal 2018. Al contempo la progressiva estensione del beneficiari ed il graduale incremento delle risorse previste per il triennio 2018-19-20, lasciano sempre aperta una speranza per la nostra gente ai fini di un godimento del beneficio. In particolare, alla lettera c dell’articolo 8 comma 1, si legge che le persone di età pari o superiore a 55 anni, disoccupate e senza alcun altro beneficio assistenziale o previdenziale, possono rientrare nella platea dei nuovi beneficiari

Istruzioni per il REI

Stante alle stime riguardanti la popolazione senza dimora in Italia, che vede un terzo delle persone collocate nella fascia di età 45-55 anni, con un disagio forte legato alla condizione abitativa, reddituale e occupazionale, questa apertura del decreto va letta come una opportunità alla quale i nostri servizi sono chiamati a rispondere. I nodi critici rimangono: i requisiti formali richiesti da principio ovvero la residenza (di cui la maggior parte delle PSD è priva) e una dichiarazione ufficiale dei redditi. Il grande impegno sul quale fio.PSD sta puntando insieme ai suoi soci è quello quindi di far riconoscere prima di tutto il diritto alla residenza affinché la PSD possa eleggere il proprio domicilio nella città “sede principale dei propri affari e legami affettivi” e, in mancanza di questa, in una via fittizia assegnata dall’ufficio anagrafe territorialmente non esistente ma equivalente in valore giuridico (circolare Istat n. 29/1992). Al contempo, per una emersione dall’invisibilità nella quale molte delle PSD vivono, fio.PSD ha chiesto che venga riconosciuto il lavoro costantemente svolto dai servizi territoriali del pubblico e del privato sociale che conoscono la storia sociale delle persone più fragili e dalle quali è doveroso ripartire per ricostituire una identità civile e sociale (ovvero poter aprire una posizione INPS e una DSU a reddito pari o inferiore ai 3.000 euro)
Il grande lavoro che dunque ci aspetta è quello che abbiamo sempre fatto fino ad adesso: fare accompagnamento sociale. Oggi però abbiamo un obiettivo in più: accedere al REI. L’accompagnamento delle persone più fragili ai Punti di accesso istituito in ogni comune o ambito territoriale è un dovere al quale siamo chiamati al fine di rispondere a quella analisi preliminare e valutazione del bisogno che dimostrerà come proprio i più poveri tra i poveri sono portatori di quella multidimensionalità dell’ indigenza che non può risolversi risolve con questo schema di reddito ma che dal riconoscimento di questo può passare per avviare un percorso di accesso e visibilità.