Report incontro 30/11

(Prossimo appuntamento: Gennaio/Febbraio 2018)

Lo scorso 30 Novembre, ospite del socio Porta Aperta di Modena, si è tenuto il workshop promosso da fio.PSD nell’ambito delle attività del Gruppo di Lavoro Nazionale fio.PSD “Lavoro di strada e residenza”

Al workshop hanno partecipato i componenti del GLN (Ronda della Carità (Milano); Coop. AERIS (Vimercati); Cascina Biblioteca (Milano); Porta Aperta (Modena); Avvocato di Strada (Bologna); Caritas Como; Caritas Lodi; più alcuni rappresentanti delle istituzioni locali della città di Lodi (Servizi alla Persona), della città di Modena (Ufficio Anagrafe) e Comune di Milano (CASC) interessati all’argomento. Era presente anche Croce rossa, unità di Milano

Michele Righetti, componente della Presidenza fio.PSD e referente per il GLN, ha introdotto riprendendo gli obiettivi di GLN di fio.PSD, rileggendo alcuni passaggi fondamentali delle Linee di Indirizzo sui due temi del gruppo

Alberto Caldana, Porta Aperta, ha salutato e introdotto chiedendo una riflessione se esista un lavoro specifico di strada per persone senza dimora? Se sì? Come lo si declina?

 

SESSIONE I

La prima sessione della mattina è iniziata con la presentazione di due modelli di intervento sui SERVIZI DI STRADA.

La fondatrice e presidente della Ronda della carità di Milano, ha raccontato come è nato il servizio della Ronda. E’ nato mettendo al centro il dialogo, l’incontro, il contatto con le persone più invisibili, cioè le “persone che da sole non riescono a rivolgersi al servizio”. Subito dopo l’unità notturna, la Ronda ha aperto un Centro diurno per dare continuità alle persone anche di giorno, per fare una “presa in carico”. La Ronda con il lavoro di strada ha continuato a fare “la parte umana” ma ha attivato da subito i legami con il Comune di Milano prendendo contatto con i servizi sociali invitandoli a “fare la loro parte”. Centrale il discorso della presa in carico e del ruolo centrale delle istituzioni e dei servizi specialistici (DSM, Sert, supporto psicologico). “Il panino il tè o la coperta sono il dispositivo materiale per agganciare, creare legami e “spingere anche la persona a fare qualcosa in cambio” proponendogli di rivolgersi all’indomani ai servizi per poi continuare ad ascoltarlo e a dialogare la sera successiva con l’UdS. L’equipe è fatta da 1 operatore e 5 volontari. I volontari entrano nelle UdS dopo in lungo iter tramite colloquio, un periodo di prova durante il quale la persona è impegnata in altre attività, si fanno altri colloqui dove si toccano le diverse problematiche (alcol, droga, mentale) e solo dopo iniziano e uscite serali

Due elementi su cui si è concentrata l’attenzione sono la necessità che le PSD meritano di avere un servizio competente e la necessità di strutturare da adesso in poi la “presa in carico congiunta” che può prospettarsi come la chiave di svolta per fare in modo che la distribuzione materiale non si fermi alla strada ma prosegua nei servizi

La presenza della referente del CASC (Coordinammo Aiuto Stazione Centrale) della città di Milano ha permesso di approfondire l’aspetto del coordinamento e della collaborazione storica ma sempre complessa tra servizi del privato sociale e pubblico. La direzione del Comune è quella di andare verso l’accreditamento delle Unità di strada che siano garanzia di continuità e qualità e che mettano il comune nella condizione di gestire la presa in carico. Al contempo, anche i gruppi spontanei di aiuto, meno organizzati e strutturati ma comunque segnali importanti di cittadinanza attiva, saranno gestiti in qualche modo

Abbiamo ascoltato e riflettuto anche sugli elementi di forza (e di debolezza) del modello modenese gestito da Porta Aperta. Il socio modenese ha parlato dell’accoglienza notturna che viene svolta tutto l’anno con due uscite settimanali che raddoppiano in occasione del piano freddo. Un elemento di forza è il coordinamento che Porta Aperta gestisce con le altre organizzazioni presenti sulla strada prime fra tutte le diverse “Croci” con le quali vengono scambiati dei report periodici che poi vengono mandati all’amministrazione comunale per conoscenza e analisi del bisogno

Altre due pratiche interessanti che emergono durante la discussione del gruppo di lavoro sono quelle della città di Trento (Fondazione Comunità Solidale) che ha fatto una scelta precisa ovvero quella di avere un camper fisso in piazza durante la notte dove lavora una equipe professionale formata da cinque operatori professionisti. Una buona pratica diffusa nella città di Bologna consiste nel fatto che il Comune ha autorizzato le Unità di strada a dare accesso immediato al dormitorio in caso di presa in carico. A Verona invece c’è un gestionale, gestito dal Comune, che raccoglie dati sull’utenza (e la storia sociale) e i servizi erogati.

Alla fine della prima sessione “gli ingredienti essenziali del lavoro di strada” che il gruppo condivide sono:

  • Consulenza e orientamento all’aiuto
  • UdS da brutto anatroccolo a servizio fulcro
  • UdS non è solo riduzione del danno o distribuzione beni materiali
  • Qualità della relazione di cura
  • Componente relazionale
  • Lavorare nella logica della “presa in carico”
  • UdS come baluardo all’inclusione
  • Ottica comunitaria

Altri elementi da migliorare sono:

  • Burn out degli operatori
  • Frammentazione dei servizi
  • Mancanza di coordinamento territoriale
  • Mediazione con i cittadini
  • Formazione volontari
  • Valutazione dei risultati

A fine della mattinata, abbiamo proposto un lavoro di gruppo che rispondesse a due domande nette:

  1. Come si passa da Unità di strada a Servizio di comunità?
  2. Come di passa da servizio “a canne d’organo” a lavoro di rete?

Le risposte che il gruppo ha restituito sono:

  1. Evoluzione e rinnovamento continuo dei servizi
  2. Uscire da una logica che crei cronicità e spingere affinché il comune faccia da regia e coordinamento per la presa in carico

 

SESSIONE II

Dopo pranzo è iniziata la seconda sessione dedicata interamente al tema della Residenza. La relazione dell’associazione Avvocato di strada ha messo subito l’accento su un fatto essenziale “la residenza è un diritto soggettivo e non una concessione”. L’Ufficio anagrafico è un ufficio che assolve ad una funzione dello stato. L’ufficiale anagrafico all’atto della richiesta “redige” un atto che è dovuto in quanto la residenza è un diritto soggettivo. La sua mancata concezione comporta una violazione dell’art. 2 della Costituzione che promuove la solidarietà politica economica e sociale. La mancanza di una residenza/alloggio stabile non può essere motivo di discriminazione. Sempre la nostra Costituzione, all’art. 16, stabilisce che si può circolare liberamente sul territorio della repubblica e che la richiesta di iscrizione anagrafica non è vincolata a nessuna condizione. Se l’iscrizione viene negata, si viola il riconoscimento del diritto. Avvocato di Strada ha illustrato tutte le limitazioni che il “non avere la residenza comporta” nonché le violazioni delle libertà umane, sociali e civili che vengono perpetuate nei confronti delle PSD. Chi non ha residenza non può aprire partita Iva e non può iscriversi al Centro per l’impiego. Non può avere la tessera sanitaria e può accedere solo a servizi di pronto soccorso. Non può votare (elettorato attivo e passivo). Non si può avere la pensione. Non si ha “diritto all’assistenza sociale”. Non si gode di un diritto alla difesa poiché il gratuito patrocinio è legato comunque alla residenza.

L’Associazione richiama l’attenzione sul fatto che in ogni comune deve essere tenuta l’anagrafe della popolazione residente nonché della popolazione senza dimora che hanno come domicilio prevalente il territorio comunale (ricordando che il domicilio è il luogo prevalente di interessi o legami affettivi e lavorativi che la persona dichiara di avere in un determinato luogo). Lo Stato e gli organi deputati hanno tutti gli interessi a sapere dove si trova la popolazione nel territorio nazionale. Pertanto anche le persone senza dimora hanno diritto ad essere iscritte nel registro della popolazione residente fermo il fatto che l’abitazione non può essere il discrimine per non iscrivere le persone all’anagrafe. E’ possibile creare una via fittizia nella quale eleggere il domicilio e/o collaborare con le organizzazioni non profit per la gestione della posta (in assenza di ciò, per le PSD vale affissione all’Albo pretorio del comune dove era residente ultima volta). Tuttavia la “residenza in via fittizia” non risolve la questione sanitaria in quanto non esistendo la via, la competenza della ASL – solitamente individuata in base al luogo toponomastico nel quale la persona risiede – non è chiara e identificabile. Pertanto nessuna ASL si fa carico della PSD

Questi ed altri elementi interessanti – come quelli correlati al Decreto Lupi e all’impossibilità per una persona che ha occupato abusivamente un immobile di fare richiesta di residenza (Decreto Casa – art. 5) sono emersi durante la discussione con il gruppo di lavoro.

Gli ingredienti essenziali da tenere presente quando si accompagna una richiesta di iscrizione anagrafica per una PSD sono:

  • Vigiliare sulla corretta applicazione normativa
  • Evitare l’insorgere di contenzioso
  • Far valere la Legge dello stato (Legge 1228 del 1954 nota come “legge anagrafica”)
  • Residenza anagrafica intesa NON come possesso di alloggio ma come presenza abituale nel territorio
  • Creare vie fittizie non stigmatizzanti

Alla fine della giornata, il GLN porta avanti i suoi obiettivi:

– iniziare a redigere una nuova definizione di Lavoro di strada

– verificare se esiste un Registro di iscrizione per “senza tetto” presso il Ministero Interni

– avviare un’azione di sensibilizzazione forte con ANCI per far valere il diritto soggettivo alla residenza

– stendere un vademecum, in collaborazione con Avvocato di strada, per il diritto alla residenza