Reddito di cittadinanza, fio.PSD: “Tagliato fuori chi è in stato di marginalità estrema”

Con la conversione in legge del decreto riguardante reddito e pensioni, ieri a Palazzo Madama, si è chiuso l’iter. Ma le proposte a favore dei senza dimora non sono state accolte. Cortese (Osservatorio gravi marginalità): “Non ci arrendiamo, chiediamo dialogo col governo”

28 marzo 2019

 

ROMA – “C’è grande amarezza e delusione perché le proposte di modifica al decreto avanzate dalla fio.PSD non sono state accolte, ma non ci arrendiamo e continuiamo a chiedere al governo  un dialogo sulla possibilità di prevedere un regolamento specifico per le persone senza dimora”. Dopo la conversione in legge del decreto riguardante il Reddito di cittadinanza, Caterina Cortese, responsabile dell’Osservatorio sulle gravi marginalità della Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora (fio.PSD), fa il punto sull’iter che ha portato all’approvazione con 150 voti favorevoli, 107 contrari e 7 astensioni, del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 4 del 28 gennaio 2019, recante disposizioni in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni. Un percorso che visto la partecipazione della fio.PSd alle audizioni alla Camera e al Senato, ma che non hanno portato ai risultati sperati.

Tra le richieste avanzate ai membri del Parlamento c’era quella di riconoscere alle persone senza dimora la possibilità di poter presentare domanda per il Reddito di cittadinanza anche se non in possesso di una residenza continuativa negli ultimi due anni. Richiesta non accolta, specifica Cortese. “La vita delle persone senza dimora ha delle caratteristiche diverse – spiega Cortese -, e le storie delle residenze sono spesso intermittenti. Avevamo chiesto che potesse valere, come requisito, una sorta certificazione di progetto sociale rilasciato da un servizio pubblico per dichiarare la persona in carico ai servizi e per dargli un’opportunità di ricevere il Reddito di cittadinanza”. Tuttavia, il testo approvato ieri, 27 marzo, a Palazzo Madama non contiene questa possibilità tagliando fuori, così, una fetta di chi vive la marginalità estrema.

Difficile dare dei numeri precisi e aggiornati, specifica Cortese, ma le ricerche fatte sul vecchio Reddito di inclusione non lasciano dubbi. “Attraverso un’indagine avevamo chiesto quante persone senza dimora seguite dai servizi dei nostri soci fossero riuscite ad ottenere il Rei – continua Cortese – e lo sbarramento principale avveniva sulla residenza dei due anni. Il requisito della residenza crea un ostacolo notevole”. Tra le richieste non accolte, anche quella che vedeva affianco al beneficio economico, la predisposizione di una “dote abitativa” da destinare come sostegno a futura locazione. “Speravamo in un po’ di lungimiranza – afferma Cortese -, nel senso che qualora una persona senza dimora, con residenza virtuale o fittizia, richieda il Rdc abbia anche la possibilità di ricevere una sorta di quota da usare per una futura abitazione, proprio per facilitare il reinserimento abitativo. Purtroppo queste indicazioni non sono state recepite”.

Non manca qualche dato positivo, spiega Cortese. “Molte delle istanze dell’Alleanza contro la povertà sono state recepite e ne siamo lieti – aggiunge la responsabile dell’Osservatorio sulle gravi marginalità -: in particolare c’è un’apertura verso il monitoraggio e la valutazione, ma siamo lieti anche che il fondo povertà, per la parte relativa ai senza dimora, sia rimasto nelle disponibilità dei territori”. La riforma delle misure di contrasto alla povertà assoluta, infatti, ha risparmiato le risorse destinate dal passato governo proprio ai senza dimora. Si tratta di 20 milioni l’anno attinti dal Fondo povertà che vanno a finanziare i servizi sui territori. “Sono dei fondi pubblici che vengono distribuiti alle regioni e alle città metropolitane con un alto numero di persone senza dimora – spiega Cortese -. Vengono usati per servizi, misure di accompagnamento e strategie di inclusione. Quindi vanno a potenziare i servizi esistenti”. A questi vanno ad aggiungersi anche i 50 milioni derivanti dal bando Pon Inclusione e Fead. Risorse che sono servite a finanziare progetti che si concluderanno entro il 2019. “Queste risorse sono state una boccata d’aria fresca per i servizi – aggiunge Cortese -. Risorse che hanno dato modo ai territori di attivarsi per programmare servizi di accoglienza notturna, progetti abitativi e misure di accompagnamento verso l’inclusione lavorativa per coloro che sono attivabili”.

Risorse, tuttavia, “insufficienti per risolvere il problema”, spiega Cortese. “Siamo amareggiati perché si tratta di un pezzettino di popolazione molto fragile e piccolo, per cui si può fare qualcosa. Stiamo parlando di una popolazione tra le 50 e le 60 mila persone. Si potrebbe fare un po’ di più”. La speranza, però, come si dice spesso è l’ultima a morire e alla Fio.Psd sperano ancora che dal governo arrivi un segnale di attenzione verso i senza dimora. “Chiediamo di non lasciare fuori queste persone – aggiunge Cortese -, dovrebbero essere i primi ad essere inclusi in questa misura. Abbiamo constatato che la persona senza dimora se riceve dei supporti materiali, economici, abitativi e un accompagnamento sociale specifico, realizzato da servizi sociali e equipe qualificate, riesce ancor di più ad esplicitare i suoi doveri di cittadino, ma dobbiamo metterli nelle condizioni di essere di nuovo cittadini”. (ga)